La sinistra si prende Sanremo, ma la destra si prende le elezioni.
- federicabuoninfant
- 6 mar 2023
- Tempo di lettura: 3 min

Possiamo concludere così, almeno ad analizzare i risultati elettorali delle elezioni regionali di Lazio e Lombardia, tenutesi il 12 e 13 febbraio del 2023.
I dati di partenza? Lombardia in mano al centrodestra, Lazio in mano al centrosinistra.
I dati di arrivo? Tutte e due le roccaforti si colorano di blu. Riconfermato Attilio Fontana, titolare uscente di Palazzo Lombardia; eletto per la prima volta invece Francesco Rocca, indicato da Giorgia Meloni in persona e già Presidente della Croce Rossa.
Che il centrodestra stia vivendo un momento di evidente benessere è fuor di dubbio. Ma da queste elezioni altri dati sono evidenziabili: innanzitutto la profonda crisi che stanno vivendo le formazioni alternative alla maggioranza di governo: il Centrosinistra, il Movimento 5 Stelle ed il Terzo Polo.
Per quanto riguarda il Centrosinistra, ed in primis il Pd, il risultato elettorale prettamente numerico è incoraggiante: più del 20% sia in Lazio che in Lombardia. È però evidente che la Coalizione non riesca a imporsi, e per questo risultano, almeno secondo l’opinione dello scrivente, quanto mai fuori luogo i commenti entusiasti della dirigenza del partito, Enrico Letta tra tutti, che festeggiano i risultati. Per quanto encomiabile, il secondo posto altro non è che il primo degli sconfitti.
Ma i veri sconfitti di queste elezioni regionali sono il Movimento 5 Stelle ed il Terzo Polo.
Se il partito di Giuseppe Conte non è mai stato forte nelle elezioni territoriali, c’è da sottolineare che è rimasto totalmente in secondo piano nell’agone per la conquista delle due regioni più popolose d’Italia, ed altresì a fronte di incoraggianti dati nelle proiezioni sondaggistiche su scala nazionale, a livello territoriale i 5 Stelle continuano a pagare il solito scotto: scarsa struttura, poca base, inconsistenza della classe dirigente.
Il Terzo Polo appare come l’altro sconfitto, non premiato dagli elettori. Il duo Calenda-Renzi aveva scommesso sul candidato comune Alessio D’Amato, con Pd e 5 Stelle, nel Lazio. Invece in Lombardia aveva optato per Letizia Moratti, ex (e peraltro eccellente) Sindaco di Milano, Ministro, Presidente della RAI e, in ultimo, Vicepresidente della Lombardia. Se non che, tutta questa ammucchiata di cariche le aveva detenute col Centrodestra, di cui è stata per un Ventennio autorevolissima esponente. Ebbene, se in Lazio Azione-Italia Viva, non arriva neanche al 5%, ed è giusto il caso di ricordare che Roma è (anzi, era!) la roccaforte di Calenda, in Lombardia la situazione è anche più imbarazzante per l’ex titolare del MISE.
Infatti in Lombardia la Moratti si ferma a meno del 10%, e fa gran cassa di voti (la sua lista sopra il 5%, mentre Az-IV al 4%): evidente sintomo del fatto che la scelta di una candidata di storia politica aliena a quella di Azione non abbia premiato, e che comunque quei voti ottenuti siano comunque accreditabili a lei. E stupisce ancor di più il fatto che Carlo Calenda, anziché fare autocritica sugli evidenti problemi del suo partito, almeno sui territori, abbia preferito attaccare gli elettori, seguendo la bizzarra logica del “chi non ci vota, è stupido”.
Andando invece a spulciare in casa dei vincitori, è altresì evidente che Giorgia Meloni ormai controlli saldamente la coalizione: in Lazio FdI raggiunge il 33%, ed in Lombardia il 25%. Riesce a reggere, sebbene molto ridimensionata, la Lega di Matteo Salvini, al 16% in Lombardia ed al 8% in Lazio. Forza Italia riconferma il risultato delle politiche del 2022, con circa l’8% sia in Lazio che in Lombardia. Al netto quindi della profonda disparità tra i partiti di Berlusconi e Salvini rispetto a quello della Meloni, è comunque chiaro che i partiti della maggioranza, chi più chi meno, siano in buona salute: stare al governo, almeno per il momento, giova.

Ciò che preoccupa, infine, è un ultimo dato: l’affluenza alle urne. Hanno infatti votato solo il 37% degli aventi diritto, in Lazio, ed il 41% in Lombardia, numeri molto più esigui rispetto alle elezioni nelle stesse regioni del 2018. Montesquieu ebbe a dire che la tirannia di un principe in un’oligarchia non è pericolosa per il bene pubblico quanto l’apatia del cittadino in una democrazia.

E mai quanto oggi questa frase dovremmo scolpirla nelle nostre menti: perché, citando George Jean Nathan, “i cattivi rappresentanti sono eletti dai bravi cittadini che non votano”.
Autore: Gianmarco Rubino.
Comments